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武術與中國文化 - Arti marziali e cultura tradizionale cinese

Guan Yu, il mito - Parte prima

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Pagina pubblicata in data 13 giugno 2023
Aggiornata il 5 settembre 2025

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關羽 guān yǔ è una delle figure più famose della cultura popolare cinese. Una figura avvolta dalle nebbie del tempo, contesa dalla storia, dal mito e dalla dimensione spirituale e religiosa della Cina.

關公 guān gōng, lord Guan, anche noto come 關帝 guān dì (imperatore Guan) fu, infatti, una delle divinità più popolari e influenti della Cina imperiale.

La sua carriera "divina" è documentata dalla seconda metà della dinastia táng e continua ancora oggi.

Dio della pioggia, protettore contro i demoni e i barbari e, infine, modello morale e salvatore quasi messianico.

Per tutta la sua vita "divina", la sua abilità fisica nell'usare l’azione "violenta" per fare del bene è rimasta una dimensione essenziale della sua immagine.

Quando osserviamo le scarse prove storiche sulla figura di Guan Yu, scopriamo presto quanto la sua immagine religiosa si discosti da quella storica.

In questo articolo mi riferirò alla figura storica con il nome di Guan Yu, mentre utilizzerò l'appellativo di Guan Gong quando farò riferimento alla sua dimensione divina.

Nella Cina tradizionale, in una certa misura anche in quella odierna, era considerato offensivo, o addirittura lesa maestà nel caso della famiglia imperiale, riferirsi a persone, incluse le divinità, con i loro nomi personali.

Questo tipo di tabù si applicava a qualsiasi persona con cui si aveva una relazione gerarchica significativa, come l’imperatore, il proprio padre, il proprio insegnante e così via.

Guan Yu visse alla fine della dinastia 東漢 dōng hàn (dinastia degli Han Posteriore 25 d.C. – 220 d.C.) e morì prima che l’ultimo imperatore di questa dinastica abdicasse e 曹丕 cáo pī desse vita nel 220 d.C. al proprio regno: 曹魏 cáo wèi.

In realtà, la dinastia hàn aveva perso il controllo dei propri territori già da molto tempo. Indicativamente a partire dal 184 d.C con la rivolta dei Turbanti Gialli nella pianura del Fiume Giallo e con il movimento dei Maestri celesti o dei Cinque becchi di riso, un movimento che dette vita al regno di shǔ (indicativamente l’odierna provincia di 四川 sìchuān).

La fonte storica più importante su Guan Yu sono le "Cronache dei Tre Regni", 三國志 sānguózhì, famosa cronaca redatta da 陳壽 chén shòu (233 d.C. – 297 d.C.), che aveva iniziato la sua carriera burocratica al servizio dello stato di 蜀漢 shǔ hàn, fondato da 劉備 liú bèi (161 d.C. – 223 d.C.) insieme a Guan Yu.

Possiamo presumere che la carriera di Chen Shou gli permise di essere abbastanza informato sui fatti di quel periodo storico. Ma anche se fosse stato così, avrà comunque dovuto basare la sua cronaca prevalentemente su testimonianze orali molti decenni dopo gli eventi, poiché la vita della maggior parte delle persone che popolano la sua narrazione si è svolta al di fuori dell’ambiente burocratico dello Stato. Inoltre, molti documenti potrebbero essere stati persi durante la guerra. Probabilmente è per questi motivi che la biografia di Guan Yu nelle "Cronache dei Tre Regni" ha un carattere fortemente aneddotico, che ne tradisce le probabili origini orali. Alcuni aspetti cruciali della figura "storica" di Guan Yu non sono nemmeno menzionati nelle cronache, ma hanno origine in resoconti successivi.

Secondo Chen Shou, Guan Yu proveniva dalla prefettura di 解州 jiě zhōu, nel sud della moderna provincia di 山西 shānxī. Per ragioni che non conosciamo, fuggì nella prefettura di 涿州 zhuōzhōu, dove Liu Bei stava raccogliendo un seguito a cui si unisce assieme a 張飛 zhāng fēi (morto nel 221 d.C.).

Guan Yu e Zhang Fei furono, infatti, fra i suoi primi seguaci. Lo avrebbero protetto dalle offese, seguendolo ovunque in ogni tipo di situazione pericolosa. L’evidenza storica non fa menzione del "famoso" giuramento di fratellanza che la tradizione ci ha trasmesso attraverso il "Romanzo dei Tre Regni" (三國演義 sānguó yǎnyì), scritto da 羅貫中 luó guànzhōng.
Anche se non abbiamo documentazione storica a sostegno di un giuramento fra i tre, erano sicuramente molto legati fra loro.

Liu Bei e la sua "banda" si unirono ad altre milizie per combattere i Turbanti Gialli nel 184 d.C. e dopo il successo su questi ottenne (o più probabilmente si creò) una posizione di spicco nella prefettura.

Quando lo Stato centrale cominciò a riaffermare il suo potere inviò i propri emissari per riportare all’ordine i capi delle milizie. Liu Bei reagì in modo violento all'arrivo dell'emissario facendolo picchiare pesantemente. Chiaro segno di non voler rinunciare al potere e al ruolo che aveva conquistato con tanta fatica.

Liu Bei successivamente si unisce a 曹操 cáo cāo, uno dei principali signori della guerra di quegli anni, formalmente ancora legato alla corte imperiale.

Liu Bei e la sua banda non erano affatto dei sostenitori della casa imperiale hàn. Lui era a capo di una delle numerose bande di guerrieri che in quel periodo "scorrazzavano" in tutta la Cina settentrionale a caccia di fortuna. In altre parole Liu Bei e i suoi erano dei rivoltosi.

Nel 200 d.C. la politica di Cao Cao spinse Liu Bei nelle file dei sostenitori di un altro signore della guerra: 袁紹 yuán shào.

Durante uno scontro fra le forze di Cao Cao e le forze di Liu Bei, Guan Yu fu catturato. Per Cao Cao, Guan Yu, era un prigioniero molto importante. Quest'ultimo fu trattato con grande attenzione e rispetto con la speranza che scegliesse di unirsi alla causa di Cao Cao. Strategia che dette presto i suoi frutti.

Infatti, quando Cao Cao affrontò gli eserciti di Yuan Shao, Guan Yu combatté coraggiosamente al suo servizio. Accoltellando e poi decapitando 颜良 yán liáng, il capo dell'esercito avversario. In segno di gratitudine, Cao Cao gli concesse il titolo di marchese ( hóu) di 漢壽亭 hàn shòu tíng.

Guan Yu era grato a Cao Cao per il trattamento ricevuto nel suo ruolo di priogioniero. Questa gratitudine l'avrebbe ricambiata in battaglia. L’uccisione di Yan Liang, per lui significava essersi sdebitato con Cao Cao.

Quando Guan Yu, ancora "prigioniero" di Cao Cao, seppe con precisione dove si trovava Liu Bei, chiese a Cao Cao di poter raggiunge Liu Bei assieme alle mogli di quest'ultimo (anch’esse prigioniere di Cao Cao).

Cao Cao colpito dal suo forte senso di rettitudine e fedelta nei confronti dell'amico lasciò Guan Yu tornare da Liu Bei.

Le storie sull’uccisione di Yan Liang da parte di Guan Yu e della sua fuga divennero episodi centrali di tutte le tradizioni narrative a lui dedicate. Allo stesso modo, il vago riferimento al giuramento di fedeltà a Liu Bei, si è poi evoluto molto probabilmente in quello che oggi conosciamo come giuramento di sangue fra lui, Liu Bei e Zhang Fei.

Un dettaglio interessante nelle testimonianze storiche è il modo in cui uccide Yan Liang. Mediante accoltellamento. Che presuppone l’uso di una spada, e non dell’alabarda, arma a lui consacrata dall’iconografia religiosa.

Subito dopo il ritorno di Guan Yu, Liu Bei si unì a un altro signore della guerra che portava il suo medesimo cognome. Alla morte di quest'ultimo Liu Bei fondò il proprio regno.

諸葛亮 zhū gé liàng, famoso stratega di Liu Bei, in una sua lettera scritta in risposta a una lettera di Guan Yu, scrive che la barba ( rán) di quest'ultimo era incomparabile.

Guan Yu, da quello che sappiamo, era molto orgoglioso della propria barba, a cui prestava molte cure e attenzioni. Per questo motivo è oggi spesso indicato con il termine 须髯 xū rán (barba). Una parola che descrive una barba che copre sia il mento che le guance. La sua barba era a tre punte, caratteristica che sarebbe diventata un elemento essenziale della sua iconografia di divinità.

L’unica menzione in nostro possesso della possibile alfabetizzazione di Guan Yu in una fonte storica moderatamente affidabile è contenuta in una lettera scritta da Zhu Geliang.

Nel 219 d.C. Guan Yu era all’apice della sua "fama". Gli fu ordinato di attaccare le armate di Cao Cao situate nel nord della prefettura di 荊州 jīngzhōu. Grazie a un'inondazione del fiume hàn, gonfio a causa delle piogge autunnali, irinforzi inviati da Cao Cao furono completamente spazzati. Questa permise a Guan Yu una vittoria totale sulle forze di Cao Cao e diventò un altro punto focale nelle storie sulla sua figura, nonostante il suo contributo fosse in realtà stato piuttosto limitato.

Dopo questa sconfitta i consiglieri di Cao Cao lo consigliarono di allearsi con l’imperatore 孫權 sūn quán, che aveva il suo quartier generale nella parte settentrionale della regione del basso fiume Azzurro (長江 chángjiāng).

L’imperatore nutriva un personale rancore nei confronti di Guan Yu. In passato Guan Yu aveva rifiutato un’offerta di matrimonio fra il figlio dell’imperatore e la propria figlia.

I consiglieri di Cao Cao fecero pressioni su due dei generali di Liu Bei affinché si rivoltassero contro Guan Yu.

L’operazione riuscì. Le armate di Sun Quan riuscirono a prendere la città principale della prefettura di Jingzhou costringendo Guan Yu alla ritirata.

L’imperatore giustiziò tutte le mogli ed i figli degli ufficiali di Guan Yu, colpendo duramente il morale del suo seguito.

Un secondo attacco da parte delle forze dell’imperatore portò alla cattura dello stesso Guan Yu e del figlio 關平 guān píng.

Alla fine del 219 d.C. o all’inizio del 220 d.C., padre e figlio furono decapitati insieme sulla riva del fiume .
Una collina tombale che si dice sia essere quella di Guan Yu e di suo figlio si trova ancora oggi presso il fiume.

Guan Yu ricevette il titolo postumo di marchese robusto e generoso (壯繆侯 zhuàng móu hóu) nel 260 d.C.

Oltre al figlio píng, un altro suo figlio, chiamato xìng, era morto giovane. Anche il suo terzo figlio, tǒng, era morto abbastanza giovane. A ricevere l'eredità e i titolo di Guan Yu rimase solo il figlio adottivo di Xing.

Passarono secoli prima che persone con il cognome guān iniziassero a rivendicare la discendenza. Solo verso la fine della dinastia míng (1368 d.C. – 1644 d.C.) alcuni gruppi iniziarono a praticare il culto degli antenati nei suoi confronti.

Non ci sono attualmente certezze assolute che il racconto presentato in questa pagina sia storicamente attendibile al 100%. Il racconto di Chen Shou è stato accettato come quello più attendibile da tutti gli scrittori a lui successivi. Ma è lontano da essere una fedele cronaca dei fatti.

Il messaggio centrale dell'opera di Chen Shou era quello di presentare la figura di Guan Yu come un uomo leale (come evidenziato dalla sua devozione nei confronti di Liu Bei), ma anche che era un uomo giusto capace di mantenere le promesse fatte (come illustrato dall’episodio della sconfitta di Yan Liang, per esprimere gratitudine a Cao Cao per la sua generosità).

Per la sua posizione Chen Shou non poteva descrivere in modo esplicito Liu Bei, Guan Yu e Zhang Fei come una banda di rivoltosi... e questo ha sicuramente influto sul suo modo di riportare i fatti.

Pratica la tua conoscenza.
實踐真知
shíjiàn zhēnzhī

Francesco Russo

NOTE SULLA TRASCRIZIONE FONETICA
Le parole in lingua cinese quando appaiono per la prima volta sono riportate in cinese tradizionale con la traslitterazione fonetica. A partire dalla seconda volta, la parola è riportata con il solo pinyin senza indicazioni degli accenti per favorire una maggiore fluidità della lettura dei testi.

BREVE PROFILO DELL'AUTORE
Francesco Russo, consulente di marketing, è specializzato in consulenze in materia di "economia della distrazione".

Nato e cresciuto a Venezia oggi vive in Riviera del Brenta. Ha praticato per molti anni kick boxing raggiungendo il grado di "cintura blu". Dopo delle brevi esperienze nel mondo del karate e del gong fu, ha iniziato a praticare Taiji Quan (太極拳tàijí quán).

Dopo alcuni anni di studio dello stile Yang (楊式yáng shì) ha scelto di studiare lo stile Chen (陳式chén shì).

Oggi studia, pratica e insegna il Taiji Quan stile Chen (陳式太極拳Chén shì tàijí quán), il Qi Gong (氣功Qì gōng) e il DaoYin (導引dǎoyǐn) nella propria scuola di arti marziali tradizionali cinesi Drago Azzurro.

Per comprendere meglio l'arte marziale del Taiji Quan (太極拳tàijí quán) si è dedicato allo studio della lingua cinese (mandarino tradizionale) e dell'arte della calligrafia.

Nel 2021 decide di dare vita alla rivista Spiralis Mirabilis, una rivista dedicata al Taiji Quan (太極拳tàijí quán), al Qi Gong (氣功Qì gōng) e alle arti marziali cinesi in generale, che fosse totalmente indipendente da qualsiasi scuola di arti marziali, con lo scopo di dare vita ad uno strumento di divulgazione della cultura delle arti marziali cinesi.

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